Vittorio Emanuele III, Papa Pacelli e Badoglio preparano un “armistizio separato”

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Di Santi Maria Randazzo

La strana storia del doppio armistizio, “corto” e “lungo”, che vengono concordati a causa di un errore di trasmissione del messaggio inviato dal generale Giuseppe Castellano e che comporterà condizioni più onerose per l’Italia

Già a maggio del 1942 in Italia vi sono personalità che hanno ruoli pubblici rilevanti che ritengono opportuno, per evitare ulteriori disastri, concordare una pace separata con gli alleati; fra di essi i più importanti sono Adriano Olivetti, Arnoldo Mondadori, Luigi Caracciolo e lo stesso Pietro Badoglio. In tale data viene inviato a Berna Gianluigi Rusca, braccio destro di Arnoldo Mondadori e collegato ai servizi segreti inglesi, per riferire di una proposta di Badoglio per attuare un colpo di Stato contro Mussolini e costituire un governo militare con l’incarico di firmare un armistizio con gli alleati.

Nella notte tra il 24 e il 25 luglio il Gran Consiglio del Fascismo vota la sfiducia a Mussolini e Vittorio Emanuele III lo sostituisce con Pietro Badoglio: Mussolini da un mese è stato deposto, arrestato e rinchiuso in prigione sul Gran Sasso e il Maresciallo Pietro Badoglio quale Capo del Governo ha la condizione necessaria per poter negoziare una resa separata con Americani e Inglesi al fine di evitare all’Italia ulteriori e gravi danni. Vittorio Emanuele III ha convenuto con Papa Pacelli e con Badoglio di avviare delle trattative segrete con gli alleati per concordare i termini della resa dell’Italia e la fine delle ostilità. Naturalmente la volontà della monarchia, del papato e dei vertici militari viene tenuta segreta per non provocare la reazione tedesca e viene gestita, forse in momenti diversi, da Badoglio su un doppio canale i cui terminali saranno costituiti dal generale Giuseppe Castellano e dal generale Giacomo Zanussi che reciprocamente ignoreranno che vi sono due diverse trattative in corso e che, parallelamente, vengono condotte per concordare l’armistizio e la resa dell’Italia agli alleati.

Diverse sono le notizie che vengono accreditate per spiegare questa strana modalità di gestire una così importante questione nazionale, che autorizzano a formulare due ipotesi. La prima ipotesi è che, inizialmente, Badoglio incarica solamente il generale Giuseppe Castellano di prendere contatti a Lisbona con i rappresentanti degli USA e dell’Inghilterra e, al fine di facilitare la trasmissione in tempo reale e con sicurezza delle informazioni relative ai colloqui che il generale Castellano dovrà avere con americani e inglesi, Badoglio incarica il Maresciallo Vittorio D’Argento, un efficiente operatore-radio del SIM ( Servizio Informazioni Militari), di recarsi a Lisbona presso il centro SIM n. 69 con la sua nuovissima radiotrasmittente, inviatagli con una valigia diplomatica, e con un cifrario segretissimo conosciuto solo da Badoglio e di mettersi a disposizione del generale Castellano per trasmettere le informazioni che gli verranno ordinate di trasmettere.

A Lisbona il generale Castellani avvia i negoziati con i generali Bedell Smith e Kennet Strong, rappresentanti degli alleati, e in breve tempo si giunge ad una ipotesi di trattato che viene definito “armistizio corto” dagli alleati che lo hanno proposto. Per motivi dettati forse da una eccessiva preoccupazione che i messaggi potessero essere intercettati, ma che  appaiono motivazioni obiettivamente sospette e incomprensibili, il generale Castellano avrebbe deciso di non utilizzare la radiotrasmittente del centro SIM di Lisbona e, per informare Roma che le trattative sono andate  a buon fine, in attesa che venga firmato l’armistizio, utilizza la via telegrafica ordinaria inviando messaggi che risulteranno poco comprensibili da Badoglio che preoccupato, se dobbiamo ritenere valida questa prima ipotesi ricostruttiva, invia a Lisbona un secondo incaricato di concludere le trattative: viene così inviato a Lisbona il generale Giacomo Zanussi che non viene informato della precedente trattativa affidata al generale Castellano, così come il generale Castellano non viene informato che un nuovo incarico è stato affidato al generale Zanussi. Certo c’è da chiedersi perché il generale Zanussi viene inviato con quel mandato a Lisbona e non gli viene ordinato di prendere contatti con il generale Castellano, cosa che parrebbe più logica.

Il generale Zanussi arriva a Lisbona ed avvia immediatamente le trattative con gli alleati, senza poter conoscere il contenuto della prima ipotesi di armistizio concordata dal generale Castellano di cui sconosce l’esistenza, arrivando a concordare un’altra ipotesi di armistizio che verrà chiamato “lungo”, che sarà molto più oneroso per l’Italia. Secondo altre fonti sin dall’inizio furono avviate due trattative separate; la prima affidata al generale Giuseppe Castellano, la seconda affidata al generale Giacomo Zanussi coadiuvato dal funzionario del Ministero degli Esteri Galvano Lanza di Trabia che sarebbe dovuto andare anche lui a Lisbona. Da Lisbona Zanussi e Lanza Di Trabia vengono condotti inizialmente presso il quartier generale di Eisenhover ad Algeri. Successivamente, il 29 agosto 1943, Zanussi viene condotto a Cassible , in Sicilia, dove incontrerà i generali Alexander e Bedell Smith; a Cassible, Zanuzzi incontrerà anche Castellano con cui, sembra, condividerà la non conoscenza reciproca dei testi dei due diversi armistizi precedentemente e separatamente concordati. Solo dopo l’8 settembre 1943, dopo la firma dell’armistizio, il generale Giuseppe Castellano avrà la possibilità di prendere visione del testo dell’armistizio firmato che risulterà quello concordato dal generale Giacomo Zanussi e che comporterà oneri più pesanti per l’Italia.

Non può, però, non sorgere il dubbio che alcuni eventi possano non essere stati casuali, né escludere che strategie e decisioni non rilevate abbiamo modificato volontariamente il corso degli eventi al fine di imporre all’Italia condizioni più pesanti.

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